domenica 11 marzo 2012

Benedetta primavera!!!


Vi ricordate che qualche tempo fa mi dicevo disperata per la fine della bella stagione?
Ebbene, due sono gli appuntamenti emotivi fissi annuali: disperazione da tragedia greca per la fine dell’estate e gaudium magnum al primo accenno di primavera. E adesso non scassate che non è ancora arrivato il 21 marzo: non è importante, l’aria di primavera non dipende burocraticamente da una data precisa. No, no, è qualcosa che si sente la mattina, quando ritorna il cinguettio degli uccelli, è un odore di muschio e erba più intenso del solito, è una primula che occhieggia timida e solitaria tra le foglie secche, è la sensazione di risveglio che pervade tutta la natura. Sono le colline disseminate di germogli di tarassaco, il sottobosco punteggiato di bucaneve e crochi, il tepore che accarezza la pelle nelle ore centrali della giornata e il frullare di ali dei passeri. Che per me i bucaneve sono come un miracolo di Dio, non so, quando ho la fortuna di scoprirli nelle mie passeggiate mi viene un groppo in gola e non mi stancherei mai di godere della loro visione. Forse è perché mi ricordano l’infanzia e le spedizioni con la mia migliore amica per raccogliere mazzetti di questi fiori da portare a sua mamma... ci piaceva andare a “caccia” e nel mentre approfittarne per stare all’aria aperta, giocare col suo cane e infangarci dalla testa ai piedi.


Strano, come a volte capiti che si rimanga attratti e affascinati dalle stesse cose che ci piacevano da bambini. Insomma, non gioco più con le barbie (anche se Ken conserva sempre il suo fascino :-D), ma ancora amo infangarmi gli stivali per andare a spiare la vita delle rane o sedermi su una collina erbosa ad ascoltare il silenzio. Già, il silenzio... avete mai provato a fermarvi per sentire il silenzio? Bè, se mai lo farete scoprirete una cosa buffa: il silenzio in realtà è pieno di rumori che diventano via via sempre più assordanti. Sì, all’inizio senti solo tuo il cuore che ti batte forte nelle orecchie e poi, piano piano, ci si aggiungono anche gli uccellini che cinguettano, il ronzare degli insetti, il fruscio del vento tra le foglie e perfino il rumore degli steli d’erba calpestati che si rialzano. E dopo un po’ che tendi le orecchie ti pare quasi che tutti questi rumori solitamente insignificanti siano ingigantiti e riempiano tutto il tuo mondo. Forse dovremmo fermarci più spesso ad ascoltare il silenzio, per dare finalmente importanza agli steli d’erba della nostra vita che si rialzano...


Ebbene, mi direte voi, tutto questo è molto poetico, bello e sensibile, ma cosa c’entra tutta ‘sta natura col cibo? C’entra, c’entra, specie se siete delle giovani campagnole che si aggirano per i prati con il cestino a raccogliere tutte le varie erbette commestibili note fin dall’infanzia :-) e qui come al solito mi raccomando: non improvvisatevi “botanici della domenica”, per celebrare la primavera basta anche solo farsi una passeggiata all’aperto con il sole negli occhi e la gioia nel cuore. In ogni caso, la primavera ci offre più di un tesoro: germogli di Silene, fogliette di tarassaco, bruscandoli (sarebbe luppolo appena spuntato), valeriana, erba cipollina fresca fresca e sì, anche i germogli di ortica.


Lo confesso: è la prima volta che la raccolgo, l’ortica, e solo perché Sigrid ha fatto un post moooolto convincente sull’argomento, linkandoci altri due interventi piuttosto validi. Insomma, mi ha messo la pulce nell’orecchio :-) e così ho deciso di provare anch’io a cimentarmi con l’ortica. Che poi in realtà qua da noi (zona anfiteatro morenico) parrebbe che le ortiche non vadano molto di moda... sì, siamo invasi dai rovi, ma ortiche mica se ne vedono tante. Non so bene perché, in realtà... sono entrambe piante nitrofile, ma mentre nelle malghe di montagna vieni accolto da un mare compatto di ortica, qua ti spini le gambe senza pietà cercando di uscire da un denso feltro di rovi. Boh, può essere l’altitudine, o magari chessò, il pH: fatto sta che qua sono un bene raro. E per fortuna. Ma in effetti, pensandoci bene, UN posto almeno c’è: sì, lì dove vado a rub-ehrm-cogliere le ciliegie, che rischio di rifarmi i polpacci a ogni spedizione! Vuoi vedere che stavolta invece le malefiche tornano utili? ;-)


Ultima cosa, attenzione: l’ortica viene spesso e volentieri confusa con un’altra pianta, il Lamium, detto anche falsa ortica (banale, eh? :-D). Sono due piante che non c’entrano nulla l’una con l’altra, appartengono a due famiglie molto diverse, una è urticante mentre l’altra no e per di più quando sono in fiore sono riconoscibilissime: l’ortica ha delle specie di amenti penduli giallastri, mentre il Lamium ha dei bei fiori bilabiati sul rosa-viola, che potete ammirare qua scrivendo Lamium orvala. Il fatto è che però (non si sa per quale misterioso motivo) la gente fa confusione tra le due specie e arriva addirittura ad affermare che “l’ortica quando è in fiore non punge” (!). No, leggenda metropolitana, l’ortica con i SUOI fiori punge eccome; se vi imbattete in qualcosa che sembra un’ortica, ma ha dei fiori viola e non becca... non è ortica! Attenzione però che quando raccogliete i germogli i fiori non ci sono: come fare quindi per distinguerle? Facile: 1) il Lamium ha un odore penetrante che non vorreste mai mangiare, 2) l’ortica ha dei bei pelazzi acuminati; 3) in ogni caso ci sono delle differenze morfologiche: provate a guardare le foto dell’ortica e quella del Lamium qua sotto; 4) siete senza speranze? Allora, rassegnatevi: dovete proprio togliervi i guanti per un rapido test...


Bene, ora le ortiche le ho raccolte: e che ne faccio? Con notevole sprezzo del pericolo ho deciso di inventarmi degli spatzle di ortica, alè, anche se io gli spatzle non li avevo mai cucinati. Infatti, non ho un protocollo mio ben rodato e le dosi sono ispirate da questo post di Fior di Frolla.
Spatzle alle ortiche, ingredienti per 4 persone:


Per gli spatzle:
circa 200 g di ortiche
3 uova piccole
100 mL circa di acqua (consiglio di usare l’acqua di cottura)
circa 200 g di farina (ma è indicativo, quantità da verificare in corso d’opera)
sale, pepe

Per il sughetto, dosi qualunquisticamente approssimative:
ricotta morbida, un po’
latte, un po’
panna, un po’
yogurt greco, un po’ :-D
alcune ortiche lasciate da parte
sale


Lasciare in ammollo le ortiche appena colte: fidatevi, saranno piene di terra e sassetti. Metterne da parte una-due manciate, portare abbondante acqua salata ad ebollizione e bollire la maggior parte delle ortiche per 1-2 minuti al massimo. Scolare e conservare l’acqua di cottura. Strizzare bene le ortiche cotte e frullarle assieme alle uova, 100 mL dell’acqua di cottura e il pepe. Travasare questo composto in una terrina e amalgamarci pian piano la farina, avendo cura di mantenere il tutto piuttosto liquido, della giusta consistenza... se, come la sottoscritta all’inizio, non avete la più pallida idea di quale debba essere la consistenza in oggetto, niente paura: scrivete “spatzle” su youtube e troverete tutto ciò di cui avete bisogno! Eh, miracoli della tecnica, come diceva Alfredo il tacchino! :-D Bene, ora lasciare la pastella per circa un’ora a riposare in frigorifero. Intanto, preparare il condimento: bollire una delle due manciate di ortiche e frullarle con un po’ di ricotta e acqua di cottura. In una padella, mescolare assieme yogurt, panna, latte, ricotta e frullato, aggiungere anche le foglie superstiti e far restringere piano. Portare a ebollizione abbondante acqua salata e formare gli gnocchetti versando la pastella a cucchiaiate nell’apposito attrezzo: quando riemergono, scolarli. Infine, mescolare assieme sughetto e spatzle, impiattare e servire.


Già che ci sono, da Sigrid prendo in prestito anche la canzone e vi consiglio l’ascolto di des roses et des orties, che mi ha affascinata fin dalle prime note: fate attenzione al testo, incoraggia al pensiero filosofico mentre frullate le ortiche. E adesso basta, torno fuori ad osservare la lenta, ma inesorabile avanzata della primavera.


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