Il cavolo cappuccio (Brassica oleracea var. capitata) è da poco diventato uno dei miei ortaggi preferiti. Questo non tanto perché sia particolarmente buono (e se è fresco al punto giusto lo è, eccome) quanto per l’assoluta comodità di averne uno o più in frigo. Come mai? Bè, rispetto all’insalata costa meno, è meno deperibile, dura di più (lo posso tenere in frigo anche più di una settimana senza che mostri risentimento :-D), ma soprattutto riempie molto di più. Che volete di più dalla vita?
Il cappuccio si può trovare in due forme: quella classica, rotonda e compatta e quella a punta, dall’aspetto più fresco e con le foglie distanziate. La seconda è quella che personalmente prediligo, perché di solito le foglie sono più croccanti e soprattutto perché ha un sapore un po’ più delicato, meno forte. Probabilmente perché contiene una minore concentrazione di glucosidi solforati, che sono particolari sostanze contenenti zolfo presenti in tutte le specie della famiglia a cui il cappuccio appartiene, le Brassicaceae o Cruciferae. Sono proprio quelle sostanze che fanno sì che quando cuocete un bel cavolfiore poi la vostra casa si impregni tenacemente di quel terribile odore, un misto tra una seduta alle terme di Arta e una camerata di alpini che si sono tolti gli scarponi. D’altra parte, sono anche le stesse sostanze che rendono così buoni cavolfiore, senape, rape ecc e parrebbe pure che alcune siano in grado di prevenire l’insorgenza di tumori...