martedì 9 agosto 2011

Lassù sulle montagne/ tra boschi e valli d’or!


Solo pochi post fa mi perdevo in considerazioni sull’effetto proustiano che certi ingredienti possono esercitare su di noi, di come riescano a far riaffiorare alla memoria un episodio o un’atmosfera del passato. Bè. Passando davanti alla vetrina di un fruttivendolo ho adocchiato una cassettina di cartone ricolma di galletti (o gialletti, o finferli: non il pennuto, il fungo!) che mi ha riportata, in una scena densa di pathos alla Ratatouille, dritta dritta fino a Ligosullo. Non serve evocare l’infanzia: confesso che ogniqualvolta ho l’occasione di passarci qualche giorno assieme a mio zio Dino una delle mie attività preferite è uscire di mattina con cestino e bastone, alla ricerca di funghi. Con buona pace del fatto che sono i maggiori accumulatori di radioattività del bosco. Mi piace vagare tra prati e sottobosco ignorando i sentieri una volta tanto, mi piace affondare gli scarponi nell’erba rugiadosa, mi piace scostare foglie e fronde con il bastone di legno istoriato e fare sempre nuove scoperte, mi piace la sensazione di trionfo che accompagna ogni ritrovamento fortunato. E più di tutto mi piace poi ammirare l’entità del bottino, bello al sicuro nell’abbraccio rassicurante dei vimini, poi curarlo bene e infine sentire lo sfrigolio profumato in una padella piena di olio, aglio e prezzemolo. Tra tutti i funghi del sottobosco poi ho una particolare predilezione per i galletti (Cantharellus cibarius), chissà mai perché. Ovvio, un bel porcino fresco fa sempre la sua... porca figura, ma vedere il giallo vivace e l’inconfondibile forma del galletto ha un fascino per me ineguagliabile e anche il suo odore è il più gradevole e caratteristico dei funghi.


Per farla breve, sono uscita dal negozio stringendo un sacchetto di carta con mezzo chilo di finferli e mi sono fiondata a casa con l’idea di farmi un risotto. Ahimè devo dire che una volta dischiusi i lembi del sacchetto non si è sprigionato l’odore pungente che riempie sempre il cestino dello zio, di fungo e terra e erba e muschio e pioggia, a conferma del fatto che l’acquisto in città non è che un pallido surrogato della raccolta in montagna. Però, insomma, mille volte meglio di quegli champignon messi sempre tutti in riga come soldatini, che sembrano fatti con la formina dell’ingegner Cane.
Quindi, come prima cosa mi sono appunto preparata un risotto, che però non volevo che fosse un banale risotto ai funghi e così ecco qua la ricetta del risotto campagnol-montanaro :-D
Per due persone:

200 g di finferli
140 g di riso Arborio
un pugno abbondante di fagiolini
un pugno di foglie e gambi di barbabietola (o un po’ di bietole da taglio)
1 cipolla
vino bianco
brodo (vegetale o di carne)
olio
burro e pecorino per mantecare

Lavare, spuntare e tagliare a pezzetti i fagiolini e i gambi delle barbabietole (tenendo da parte le foglie); pulire delicatamente i funghi. Soffriggere in un filo d’olio la cipolla affettata finemente e quando è bella lucida aggiungere fagiolini e gambi. Rosolare a fuoco medio per 4-5 minuti, poi buttare anche i funghi lasciando che perdano buona parte della loro acqua. A questo punto tostare il riso, sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco e procedere con il brodo. A metà cottura, aggiungere le foglie delle barbabietole tagliate a strisce. Quando il riso sarà cotto e il brodo assorbito, spegnere il fuoco e mantecare con una noce di burro e del pecorino grattugiato; servire caldo.

Che fare però dei funghi avanzati? Un altro risotto? Banaaaaale :-D
Stavolta è stata una lombata d’agnellone in offerta a farmi da musa: perché non cucinarla con i funghi avanzati? Inizialmente ho cercato un po’ d’ispirazione sull’Artusi, e tra parentesi devo dire che la parola “cignale” mi fa morir dal ridere, mi immagino un cinghiale setoloso con due eteree ali di cigno bianchissime e soffici, che danza leggiadro sulle punte come gli ippopotami di Fantasia :-DD Comunque, cignali a parte, nella sua ricetta numero 284 l’Artusi prepara della lepre con i funghi e suggerisce di rosolare la carne, poi sfumare con del vino o del Marsala e infine di gettarci dei funghi e portare a cottura. L’idea mi è piaciuta, ma volevo qualche dritta in più su come cuocere la carne lasciandola tenera e devo dire che consultare la Scienza in cucina non mi delude mai, spiega sempre perfettamente come e perché adottare certi provvedimenti.. quello odierno lo trovate qui. Ma procediamo con la lombata d’agnellone in salsa di funghi, per due persone:

350 g di costolette di lombata di agnellone
250 g di finferli
2 bacche di ginepro
1-2 spicchi d’aglio
vino bianco secco
timo
basilico
2 cucchiai di farina di mandorle
olio
sale
pepe

Marinare la carne con mezzo bicchiere di vino bianco, abbondante olio d’oliva, 3-4 rametti di timo, 2 bacche di ginepro, mezzo aglio grattugiato, sale e pepe. Lasciare nella marinata almeno per mezz’ora, avendo cura di rigirare le costolette frequentemente. Scolare la carne dalla marinata e farla rosolare con un filo d’olio a fuoco vivo finché la carne si brunisce e si stacca sola dalla padella, poi toglierla dal fuoco. Nella stessa padella, rosolare i funghi lavati e tagliati grossolanamente e cuocere a fuoco medio; dopo 5-10 minuti prelevarne la maggior parte e frullarli assieme a qualche foglia di basilico, un goccio d’olio, la farina di mandorle e un po’ del fondo della marinata per rendere la salsina più fluida. Rimettere la salsa sul fuoco assieme ai funghi interi e aggiungere l’agnello; abbassare al minimo, coprire e cuocere per 15 minuti. Aggiustare di sale, servire caldo.

Nota: la salsina probabilmente verrebbe favolosa diluita con della panna, il fatto è che ultimamente ne stavo abusando :-D ma in ogni caso la consiglio!
Non ci sono foto: avevamo fame, è stato spazzolato tutto prima che mi ricordassi di avere una macchina fotografica :-P

1 commento:

  1. Anche se sono le 10 di mattina devo dire che mi hai fatto venire proprio appetito!! Ma appetito tipo per spezzatino e funghi, non per una più consona merendina di metà mattina :D

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