mercoledì 24 agosto 2011

Blueberry... e non parliamo di western!!!


Come forse ricorderete, qui avevo già fatto capire quanto mi piacciano la montagna e i suoi frutti (in senso figurato, lo so bene che i funghi non sono frutti). Vi ho comunicato la mia passione per la raccolta dei funghi, ma c’è un’unica cosa che forse mi piace ancora di più: i mirtilli. Ho sempre adorato le piccole bacche blu, saporite, colorate e al contempo dolci e gradevolmente acidule. Ho anche sempre avuto la passione per la raccolta: potevo passare ore, fin da bambina, accovacciata a terra tra i cespugli a raccogliere, paziente, fino a che non avevo dita e labbra (ebbene sì, per uno che ne raccolgo 3 ne mangio) piene di macchie che sfumano gradevolmente dal blu a tutte le tonalità del viola. Portavo gli altri componenti della mia famiglia all’esaurimento, e ancora non ero stufa. Che poi, fateci caso, gli uomini in queste cose si smaronano sempre prima... non so, sarà un retaggio della preistoria, quando le donne raccoglievano bacche e radici, mentre loro tornavano tronfi alla caverna con un cinghiale e tre branzini appesi alle cinture. Sarà. Però mentre io torno a casa sempre con una vaschetta di mirtilli, mai visto un uomo della famiglia con un cinghiale scemito di mazzate al traino :-DDD
Quest’anno alla fine io e il mio moroso abbiamo avuto il tempo di fare un saltino a Ligosullo in extremis, giusto per ferragosto. Abbiamo passato tre giorni piacevoli tra camminate, cugine, zii, marce forzate dalla presenza di nuvoloni minacciosi e scarponi puzzolenti, ma un giorno l’ho voluto riservare alla raccolta di mirtilli, era troppo tempo che questo rito mi mancava. Io volevo andare nel solito posto, ma lui c’era già stato due anni fa, nooooia :-DD (se non lo avete capito, il mio moroso ama andare sempre in posti nuovi). Così, abbiamo ripiegato su un giro al confine con l’Austria (e no, NON vi rivelo dov’è, ciascuno ha i suoi posti!!) dove ero già stata anni e anni fa con lo zio e dove sapevo che c’era -diciamo- selvaggina. Tra l’altro, quel posto era strettamente legato ad una specie di conto in sospeso con i mirtilli... Nel senso che eravamo tutti (mamma, zio, fratellino ed io) intenti a raccogliere operosamente, quando ad un tratto mi ero accorta che alcune delle bacche che lasciavamo cadere nel contenitore erano lievemente diverse, non macchiavano le dita... all’epoca ero una bambina, mi mancava il corso di botanica alpina con Nimis e quindi, allarmata, avevo costretto l’intera compagnia a fare una cernita certosina per scartare tutte le bacche chiare (nel mio solito posto non le avevo mai viste!). Inutilmente, come potremo vedere ora con un breve excursus botanico.
Il comune mirtillo selvatico dei nostri monti (Vaccinium myrtillus) non è l’unico rappresentante del genere Vaccinium. Si tratta di un genere appartenente alla famiglia delle Ericaceae e amante di terreni acidi, proprio come Calluna (impropriamente detta erica) e Rhododendron ferrugineum... infatti, vi svelo un trucco: se trovate delle enormi distese di questo rododendro potrebbe essere che tra una pianta e l’altra si nascondano proprio i mirtilli... come succede ad esempio sul Tinisa. I frutti sono delle bacche con un elevato contenuto di flavonoidi, ovvero composti polifenoli che servono alle piante per proteggerle dagli UV, dagli erbivori o da vari agenti patogeni (Dixon et al., 2005) e che hanno diversi effetti benefici anche su noi miseri umani: antiossidanti, sono in grado di chelare metalli, antinfiammatori, antiallergici, antimicrobici ecc ecc (Puupponen-Pimiä et al., 2001). Tra i vari flavonoidi, i mirtilli producono soprattutto flavonoli, moltissime antocianine e proantocianidine (Rihiinen, 2005). Le antocianine sono pigmenti di colore che va dal rosso chiaro al blu-nero al rosso-nero e dovrebbero essere, tra questi, gli unici composti colorati (ma non posso dirmi sicura di questa affermazione e chiunque possa smentirmi è pregato di correggermi), quelli per intenderci che ci macchiano di blu le dita durante la raccolta. I precursori sono le proantocianidine (Todd & Vodkin, 1993), importanti in quanto in grado di inibire l’adesione dei batteri alle superfici cellulari e correntemente utilizzati nella prevenzione delle infiammazioni delle vie urinarie femminili (Kontiokari et al., 2001; Beattie et al., 2005). Argomento che mi sta MOLTO a cuore!!!




Le specie di Vaccinium che ho potuto osservare sul campo stavolta erano tre (potete osservarle nella foto qua sopra), due delle quali possono facilmente essere confuse da un occhio non esperto.
Partiamo dalla mia preferita: V. myrtillus è un cespuglio basso, con foglie ovali piuttosto piccole e con una bacca rotonda, dalla buccia blu scuro e quasi lucida. La polpa è molto acquosa e altrettanto blu, fortemente macchiante e il sapore è acidulo e zuccherino allo stesso tempo, potremmo dire forte. È la specie con il contenuto più alto di antocianine (Rihiinen, 2005), cosa che non stento a credere: basta guardare la prima foto di questo post!
Un occhio poco esperto potrebbe confondere V. myrtillus con la seconda specie, V. uliginosum. Anche questo è un cespuglio basso con foglie piccole e che fa bacche blu, ma si possono osservare alcune differenze. Le foglie sono un po’ più lanceolate e con una vaga sfumatura azzurra e le bacche sono di forma lievemente più allungata, con buccia di colore decisamente più azzurro che blu. Sospetto anche che abbiano una maggiore quantità di cere epicuticolari sulla buccia, ma sono troppo pigra per fare una ricerca bibliografica :-D La grossa differenza con V. myrtillus si osserva nella polpa: è più soda e bianca, bianco-verdognolo per la precisione. Infatti, non macchia! Anche il sapore è diverso, meno acido, più delicato e più fruttato, con un lieve retrogusto amarognolo. I pigmenti quindi sono confinati nella buccia, ma ciò non impedisce a questo mirtillo di avere comunque grandi quantità di flavonoidi totali (Rihiinen, 2005).
Infine, sempre nello stesso ambiente possiamo osservare V. vitis-idaea, il mirtillo rosso. Questa specie si differenzia decisamente dalle altre per il suo portamento più prostrato, le foglie più coriacee, tonde e piccole e le bacche rosse. Rossa è solo la buccia, perché la polpa è bianca e spugnosa. Il sapore? Devo essere sincera? Non mi piace per niente, è amaro e acidulo! Perché mangiare queste bacche allora? Bè, è proprio una delle due specie, assieme a V. oxycoccus, il cui succo particolarmente ricco di proantocianidine viene utilizzato per alleviare le sofferenze delle poveracce affette da cistiti ricorrenti (Kontiokari et al., 2001)! Anche V. myrtillus ha proprietà antimicrobiche simili, come riportato sia da Puupponen-Pimiä et al. (2001) che da Beattie et al. (2005), ma V. vitis-idaea dovrebbe contenere quantità sensibilmente superiori di proantocianidine (Rihiinen, 2005).

ATTENZIONE: raccogliere bacche NON è la cosa migliore da fare se non si è in grado di riconoscere le piante. A chi è totalmente negato per la botanica, quindi, consiglio di farsi aiutare dai più esperti. Ciò detto, io sono in grado di distinguere il mirtillo dall’infanzia: si tratta di una pianta piuttosto caratteristica, difficile da confondere con altre. Al massimo si possono confondere V. myrtillus e V. uliginosum: poco male, sono eduli entrambe. Il problema sorge con V. vitis-idaea: ci sono diverse bacche rosse nel sottobosco e so per certo che esistono persone abbastanza inesperte botanicamente parlando da confondere tranquillamente il mirtillo rosso con, ad esempio, la dafne (Daphne mezereum), mortale. LASCIATE PERDERE: madre Natura non perdona gli errori e poi vi ho già detto che il mirtillo rosso fa schifo, perché rischiare?
Ultima considerazione: la raccolta va fatta a mano, solo ed esclusivamente a mano. Guai a chi di voi gira per i monti con quei rastrellini da mirtilli: distruggono rami e foglie e non sono selettivi, strappano anche fiori e frutti già andati o acerbi. In pratica, distruggete le piantine che vi regalano i loro frutti, danneggiate l’habitat così generoso con voi, mordete la mano che vi nutre. Sarebbe come comprare una vacca da latte, mungerla una volta e poi spararle. E lasciar lì la carne. A mano si va piano, ma come dice il famoso detto anche lontano... nel senso che l’anno dopo avrete ancora di che raccogliere e di che mangiare. Chiaro il concetto?

Cosa fare quindi dei mirtilli raccolti, oltre che mangiarseli con zucchero e limone? Già da tempo avevo adocchiato la ricetta di una quiche a base proprio di mirtilli che mi aveva molto intrigata, e data l’alta biodisponibilità di materia prima :-D ho deciso che era venuto il momento di osare. Il protocollo è tratto da Cucina Moderna di giugno del 2011, ma l’ho lievemente modificato e quindi ve lo ripropongo. Ecco la mia rielaborazione:


Per la brisée:
180 g di farina
70 g di burro
acqua fredda
sale

Per la farcia:
200 g di mirtilli di bosco (ma vanno bene anche quelli coltivati, V. corymbosum)
1,8 dL di panna fresca
2 tuorli e 1 uovo
50 g di farina di mandorle
100 g di zucchero
1 limone
Marsala

Impastare rapidamente la farina e il burro freddo a tocchetti con un pizzico di sale e aggiungere acqua fredda fino ad ottenere la consistenza voluta. Formare una palla, avvolgerla in un panno e lasciar riposare per mezz’ora in un luogo fresco. Stendere la pasta con un matterello su un foglio di carta da forno e rivestire uno stampo di 28 cm di diametro. Punzecchiare la pasta con i rebbi di una forchetta.
Sbattere con una frusta elettrica i tuorli e l’uovo con lo zucchero e successivamente incorporare il liquore, la farina di mandorle e la panna. Pulire i mirtilli e disporli sulla pasta, coprirli con il composto di panna e uova. Cuocere nel forno caldo a 180° per 40 minuti o finché la pasta e la farcia sono dorate. Sfornare, lasciar intiepidire e servire.

Viene molto delicata, il sapore dei mirtilli sfuma con il resto della farcia. Consiglio quindi di servirla con una ciotolina di mirtilli freschi zuccherati. Buon appetito!

Bibliografia:

Beattie J., Crozier A., Duthie G.G., 2005. Potential Health Benefits of Berries. Current Nutrition & Food Science, 1: 71-86.
Dixon R.A., Xie D.Y., Sharma S.B., 2005. Proanthocyanidins – a final frontier in flavonoid research? New Phytologist, 165: 9-28.
Kontiokari T., Sundqvist K., Nuutinen M., Pokka T., Koskela M., Uhari M., 2001. Randomised trial of cranberry­lingonberry juice and Lactobacillus GG drink for the prevention of urinary tract infections in women. British Medical Journal, 322: 1571-1573.
Puupponen-Pimiä R., Nohynek L., Meier C., Kähkönen M., Heinonen M., Hopia A., Oksman-Caldentey K.M., 2001. Antimicrobial properties of phenolic compounds from berries. Journal of Applied Microbiology, 90: 494-507.
Riihinen K., 2005. Phenolic compounds in berries. Kuopio Univ. Publ. C. Nat. And Environ. Sci., 187:1-97.
Todd J.J., Vodkin L.O., 1993. Pigmented soybean (Glycine max) seed coats accumulate proanthocyanidins during development. Plant Physiology, 102: 663-670.

P.S.: si ringrazia Rhoda per la consulenza botanica! ;-)

Nessun commento:

Posta un commento